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Parere legale on line

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QUESITO POSTO DALL’UTENTE

Egregio Avvocato,

Nel 1998, i vecchi condomini nello stabile dove risiedo, decisero con assemblea, di dare mandato ad un legale di procedere nei confronti del proprietario del bar sottostante per una questione condominiale.( gazebo posato lateralmente sui muri del condominio senza richiedere preventiva autorizzazione). La causa venne vinta, ma il legale cui l’assemblea affidò l’incarico, non ha mai potuto riscuotere il pagamento delle spese dal proprietario del bar in quanto nullatenente e dichiarato fallito.

Adesso l’amministratore dello stabile, ha richiesto all’attuale condominio, composto quasi esclusivamente da nuovi condomini subentrati successivamente nel tempo, il pagamento della notula dell’avvocato (circa 400-600 euro procapite).

Da rilevare che i vecchi condomini tenuti per legge a pagare le spese ( Cass. 1/7/2004, n. 12013) si rifiutano per un motivo o per l’altro di provvedere.

Può il legale che deve riscuotere la notula procedere legalmente verso l’attuale condominio composto in maggioranza di inquilini che non hanno avuto nulla a vedere con la causa, e in caso affermativo cosa devono fare questi ultimi verso coloro che non vogliono pagare?

 

Risposta di SAL Studio Assistenza Legale:

 

SAL  – Studio Assistenza Legale

Parere Legale

Destinatario : …………………..

 

Nel caso in cui un condomino trasferisca la proprietà del suo immobile, l’acquirente subentra al suo dante causa sia, com’è ovvio, negli obblighi relativi a spese successive al suo ingresso nel novero dei condomini sia, in solido, con l’alienante, negli obblighi relativi a spese e contributi dell’anno in corso e di quello precedente, riferiti questi all’anno di gestione condominiale e non a quello solare.
Quest’ultima disposizione è contenuta nell’art. 63 disp. att. cod. civ., che costituisce un’applicazione del principio generale contenuto nell’art. 1104 cod. civ.
L’acquirente di un appartamento in condominio è tenuto a pagare le spese condominiali seppure deliberate in assemblea dal suo dante causa.
Rispetto ai terzi, infatti, il successore a titolo particolare si pone in una situazione di diritto-dovere, per cui sono trasferiti nella sua persona tutti i diritti (godimento e disponibilità della cosa) che i terzi devono rispettare, ma nel contempo gli sono trasferiti tutti gli oneri, ob rem e in favore dei terzi, alla cui osservanza esso successore non può sottrarsi.

In particolare, l’obbligo dell’acquirente di una unità condominiale sussiste anche relativamente alle spese scaturenti da una delibera precedente all’acquisto della sua unità. In applicazione di tale principio, la quota parte relativa agli oneri per lavori di straordinaria manutenzione, pur deliberati prima del passaggio di proprietà, deve fare carico all’acquirente (Pret. Firenze, 26 febbraio 1991; Cass., sent. n. 981, 2 febbraio 1998, Sez. II). Anche se parte della giurisprudenza ritiene che l’obbligazione de qua sorge con la delibera condominiale e quindi la spesa, se deliberata prima della vendita, è a carico dell’alienante anche se l’opera venga effettuata successivamente alla vendita (Cass. civ., sent. n. 9366, 21 ottobre 1996). Tale spesa rimane, poi, a carico dell’alienante se soltanto alcune rate della medesima devono essere corrisposte dopo il rogito di vendita.

Le perplessità che tali sentenze suscitano sono superabili, ove si rifletta sulla circostanza che fino al definitivo passaggio di proprietà è l’alienante l’unico legittimato a partecipare alle assemblee condominiali, senza che l’acquirente possa in alcun modo dolersene.

L’art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ. ha, in realtà, lo scopo di fare sì che l’acquirente di un’unità immobiliare in condominio abbia cura, nel fare l’acquisto, di accertarsi che il venditore abbia regolarmente pagato i contributi a suo carico, presumendosi altrimenti che nel prezzo di acquisto si siano tenuti nel debito conto i contributi ancora da pagare (così anche Pret. Bologna, 12 marzo 1994).
In ogni caso, perciò, il condomino subentrante che abbia dovuto pagare i debiti condominiali lasciati dal suo dante causa ha diritto di rivalsa nei suoi confronti.

Anche la Cassazione, infatti, ha chiarito che il principio dell’ambulatorietà passiva, che ha riscontro nell’art. 63, comma 2 disp. att. cod. civ., comporta che l’acquirente di un’unità immobiliare condominiale possa essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, solidalmente con lui, ma non al suo posto, e opera nel rapporto fra il condomino e i soggetti che si succedono nella proprietà di una singola unità immobiliare, non anche nel rapporto fra questi ultimi. In questo secondo rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto tra le parti, è invece operante il principio generale della personalità delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino; e se, in virtù del principio di ambulatorietà passiva di tali obbligazioni, l’acquirente sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni sorte in epoca anteriore, ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa (Cass. civ., sent. n. 1956, 22 febbraio 2000, Sez. II).

Parte della giurisprudenza ritiene che l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi condominiali deriva dalla titolarità del diritto reale sull’immobile e integra un’obbligazione propter rem preesistente all’approvazione, da parte dell’assemblea, dello stato di ripartizione il quale, perciò, non ha valore costitutivo, ma soltanto dichiarativo del relativo credito del condominio in rapporto alla quota di contribuzione dovuta dal singolo partecipante alla comunione. Ne consegue che il condomino non può sottrarsi al pagamento dei contributi richiestigli, ancorché nello stato di ripartizione approvato dall’assemblea figuri, anziché il suo nome, quello del suo dante causa (Cass. civ., sent. n. 2658, 14 marzo 1987, Sez. II).

L’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali, pertanto, sorge per effetto della delibera d’assemblea che approva le spese stesse e non in seguito alla successiva delibera di ripartizione, volta solo a rendere liquido un debito preesistente e che può anche mancare ove esistano tabelle millesimali, per cui l’individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini è frutto di una semplice operazione matematica. Da tale principio parte della giurisprudenza deduce che, in caso di alienazione di un appartamento, obbligato al pagamento dei tributi è colui che sia proprietario al momento in cui la spesa viene deliberata (Cass. civ., sent. n. 9366, 26 ottobre 1996, Sez. II; Cass. civ., sent. n. 10370, 17 luglio 2002, Sez. III).

È stato anche sostenuto che l’obbligazione dell’acquirente non deriva dalla preventiva approvazione delle spese e dalla ripartizione di esse, bensì dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione. Tale obbligazione sorge, quindi, per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto dell’autorizzazione accordata all’amministrazione per il compimento di una determinata attività di gestione (Cass., sent. n. 4393, 17 maggio 1997; Pret. Verona, 2 marzo 1990).

Ne consegue che le spese per un determinato intervento manutentivo competono all’acquirente, se effettuate dopo l’acquisto, indipendentemente dal momento della sua approvazione; la circostanza che non abbia potuto partecipare alla formazione della delibera, che avrebbe potuto essere differente in relazione al suo intervento, è ritenuta da questa giurisprudenza ininfluente.

La dottrina è, invece, dell’avviso che l’obbligo del pagamento dei contributi gravi su chi sia condomino all’atto del preventivo approvato dall’assemblea e solidalmente, ma limitatamente all’anno in corso e a quello precedente, sul suo successore a titolo particolare.

Volendo ridurre il discorso ai minimi termini, per cercare di renderLe la situazione ancora più chiara, è evidente che la norma cui fare maggior riferimento è quella di cui all’art. 63, co. 2°, disp. att. cod. civ., che limita al biennio precedente all’acquisto l’obbligo del successore nei diritti di un condomino di versare, in solido con il dante causa, i contributi da costui dovuti al condominio. Tale norma è una norma speciale rispetto a quella posta, in tema di comunione in generale, dall’art. 1104, ultimo comma, cod. civ., che rende il cessionario obbligato, senza alcun limite di tempo, in solido con il cedente, a pagare i contributi dovuti dal cedente e non versati.
Pertanto, in tema di contributi condominiali va fatta applicazione dell’art. 63, co. 2°, disp. Att. cod. civ. poiché il rinvio operato dall’art. 1139 cod. civ. alle norme sulla comunione in generale vale, per espressa previsione dello stesso articolo, solo per quanto non sia espressamente previsto dalle norme sul condominio.

Una volta dunque chiarito che il condomino acquirente è obbligato, in solido con il condomino venditore, al pagamento dei debiti assunti da quest’ultimo solo però per il biennio precedente l’acquisto, è di fondamentale importanza individuare la data precisa in cui il debito è nato.

A tal ultimo riguardo, ci è molto di aiuto la sentenza della Cassazione civile n.12013 del 01/07/2004, la quale ha statuito che << Poiché l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese di conservazione delle parti comuni insorge nel momento in cui si rende necessario provvedere all’esecuzione dei lavori necessari, e non quando il debito viene determinato in concreto, in caso di sentenza di condanna pronunziata nei confronti del condominio per inosservanza dell’obbligo di conservazione delle cose comuni, il condomino creditore che intenda agire in executivis contro il singolo partecipante al condominio per il recupero del proprio credito, deve rivolgere la propria pretesa, sia per il credito principale, che per credito relativo alle spese processuali, contro chi rivestiva la qualità di condomino al momento in cui l’obbligo di conservazione è insorto, e non contro colui che tale qualità riveste nel momento in cui il debito viene giudizialmente determinato>>.

Orbene, sulla scorta dell’orientamento della Cassazione pocanzi rappresentato, Le preciso che, a mio avviso, qualora ciascun nuovo acquirente delle unità abitative del condominio in questione abbia stipulato il contratto di acquisto dell’abitazione interessata in una data successiva di almeno 2 anni da quella in cui avvenne la deliberazione dell’assemblea ( in cui si diede mandato al legale ), l’obbligo di pagare l’avvocato ricade unicamente sui vecchi condomini. In caso contrario, i nuovi condomini saranno obbligati al pagamento delle spese legali, ma sempre in solido con i vecchi condomini; in solido significa che se il nuovo proprietario paga il suo creditore ( nel nostro caso l’avvocato che ha trattato la causa) ,avrà sicuramente il diritto di rivalersi sul vecchio proprietario.

Un ultima cosa, in realtà fondamentale. Se ciascun nuovo condomino, all’atto della stipula del contratto di compravendita, ha fatto inserire nello stesso una postilla attestante l’avvenuto saldo, da parte del venditore,  di tutti gli oneri condominiali, il diritto del legale a ricevere il proprio onorario potrà, dai primi, essere contestato almeno relativamente alla loro posizione.

Detto in maniera più semplice, ogni nuovo condomino potrà, a mio avviso, opporsi alla richiesta di pagamento del legale, che dovrà essere dunque essere richiesta ai vecchi condomini. In ogni caso, qualora i nuovi proprietari fossero costretti magari anche giudizialmente a pagare, avranno comunque il diritto di rivalersi sui vecchi proprietari.

Distinti saluti

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